DESIDERATA PER IL 2013

VORREI

….incontrare tanti ex-alunni, che mi manifestassero una consapevole e motivata gratitudine, come si può avere per un allenatore che ha scoperto il tuo talento, e ti ha dato così tanta fiducia in te stesso da allargarti la strada della vita. O che mi telefonassero dopo 20 anni, per dirmelo.

… saper riciclare tutto, fare divani con i jeans vecchi, borsette con cravatte usate

…  essere nei posti senza doverci andare

… conoscere tutto sulla fisica quantistica

… sentire ogni giorno come fosse il mio primo “da questo momento in poi ….”, e niente nostalgie.

… aver sempre un bel libro da leggere

… saper coltivare la terra

… una casa autopulente, qui, e un’altra sul mare del Salento

… sapere di più sull’invisibile

… vedere luci colorate bellissime quando chiudo gli occhi

… un’Italia ben governata, onestà e competenza come regola

… vedere Istanbul. E che mi chiedesse mio marito di andarci insieme, per almeno 10 giorni

…  che l’auto non avesse bisogno di carburante

…  avere sempre a disposizione Erri De Luca per conversarci

…  che una sera, in un teatro, il musicista-pianista si sentisse male (una tendinite, niente di più) e chiedesse a noi lì attorno “ c’è qualcuno che sa accompagnarmi al piano ?” e ci fossi solo io a saperlo fare, e che gli altri mi costringessero a farlo … e che fossi una divina sorpresa per tutti. Tutti i presenti, voglio dire. E poi, alla fine, non scoppiasse un applauso, ma un silenzio di almeno trenta secondi (prima di un’ovazione). E che nessuno avesse ripreso la scena.  You tube non mi interessa.

 

Delle volte, VORREI che i Maya ci avessero preso

Budapest arrivooo !!!

Ecco amici, ve lo dico e vi saluto così, tutti quanti.

Parto domattina e … torno subito subito, giusto giusto l’uno (provo a scappare dal virus, ma non è escluso che m’insegua … alla fine, mi si affezionano tutti).

Voi avanti così, grazie per tutte le manifestazioni di affetto e vicinanza che mi inoltrate e scusatemi se non ho il tempo di rispondervi singolarmente.

Spero di passare capodanno così:

terme budapest

In ogni caso, sarà un successo …  magari non il mio, ma ci accontentiamo.

Morte al 2012 allora e poi via verso nuove mirabolanti avventure!!!

State bene.

Gigions for ever

E’ PUR SEMPRE BUZZATI (anche se in versione new age)

Uno ti aspetta – (Dino Buzzati, La boutique del mistero”)

In qualche lontana città che non conosci e dove forse non ti accadrà di andare mai, c’è uno che ti aspetta. In una antica angusta stradetta della sterminata città orientale, là dove si nascondono gli ultimi segreti della vita, giorno e notte resta aperta per te la porta del suo palazzo favoloso; il quale, a chi passi in fretta per la via, può sembrare una casa come tante; invece esso si addentra nel groviglio delle moschee e delle regge con una successione senza fine di sale immense, cortili e giardini. Ivi c’è silenzio, l’ombra, la pace, e nobili cani giacciono accovacciati sul bordo delle fontane lasciandosi addormentare dal fruscio delle acque. Nei vestiboli gli altissimi schiavi neri dal volto benigno stanno immobili come statue di basalto; solo se si udisse da lungi il rumore del tuo passo, essi si volerebbero incontro, non faresti neppure in tempo ad attraversare la prima sala che te li troveresti tutti davanti inginocchiati, ansiosi dei tuoi comandi. Ma il rumore del tuo passo non si fa udire, e coi giorni i mesi, coi mesi gli anni passano così inutilmente.

Tu stenti qui la vita, vai vestito di grigio, perdi già i capelli, i conti alla metà del mese sono penosi. Sei uno dei tanti. Di anno in anno ambizioni e speranze si rattrappiscono. Quando incontri le belle donne, non hai più neanche il coraggio di fissarle. Ma laggiù, nella città di cui ignori il nome, un potente signore ti aspetta per toglierti ogni pena: per liberarti dalla fatica, dall’odio, dagli spaventi della notte. Non ci sarebbe bisogno di spiegazione, non avresti da pronunciare nemmeno il tuo nome, potresti arrivare anche vecchio, sudicio, impestato. Subito nei silenziosi cortili si ridesterebbe la vita, le lampade si accenderebbero sopra la tavola dei banchetti, udresti musiche e dolce canto di fanciulle. Quel giorno sarebbe festa e ugualmente il giorno successivo e il giorno dopo ancora, sempre letizia e festa in continuazione fino al tuo ultimo respiro. Ma tu, uomo, non sai. Continui a stentare la vita, ti intristisci, le prime rughe si sono formate sul volto, ti lasci ormai portare via gli anni.

In qualche lontana terra d’Oriente. Ma potrebbe darsi invece che sia molto più vicino. Forse il signore potente ti aspetta in una delle nostre città che tu conosci. A Napoli, per esempio, si spalancano sulle vecchie viuzze immensi portoni stemmati, scuri e taciturni, al di là dei quali certo riposano segreti. Forse è uno di questi. Bisognerebbe che tu salissi lo scalone non lasciandoti impressionare dalla polvere, dalla sporcizia, dai topi, dagli scrostati muri. In cima c’è un uscio socchiuso. Spingilo. Entra. Con meraviglia vedrai qui scomparire l’abbandono, la povertà, la sudicizia, tutto ti apparirà allegro e lucente. “È arrivato, è arrivato!” grideranno dalle profondità della dimora.

A Napoli, per esempio. Ma forse potrebbe essere più vicino ancora, a non più di cento chilometri, in una cittadina di provincia. Ci sono qui delle piazzette fuori mano dove i camion non passano: e ai lati sorgono certe anziane case piene di dignità con festoni di rampicanti. Pende, a fianco della porta, il tirante del campanello, il quale si ode risuonare di là dalla porta destando lunghi echi negli androni; allora si interrompe di sopra il suono del pianoforte e abbaia il cane. Ma tu non hai bisogno di tirare il campanello. Non appena avrai appoggiato una mano sul battente di legno verde, esso si aprirà cigolando. E ti appariranno in fondo al portico le aiuole fiorite, udrai il ronzio delle vespe, una voce grave dalla penombra darà il benvenuto. E il padrone ti spiegherà che ti aspettava da lunghissimo tempo: per te la casa, la ragazza del pianoforte, l’usignolo notturno, altre risorse.

In un palazzotto di provincia. Ma può essere anche molto più vicino, veramente a due passi, tra le mura della tua stessa casa. Sulla scala, al terzo piano, hai mai notato, a destra del pianerottolo, quella porta senza campanello né etichetta? Qui forse, per agevolarti al massimo, ti attende colui che vorrebbe renderti felice: ma non ti può avvertire. Perciò prova, la prossima volta che ci passi davanti, prova a spingere l’uscio senza nome. Vedrai come cede. Dolcemente ruoterà sui cardini, un impulso irragionevole ti indurrà ad entrare, resterai sbalordito: ecco, nel cuore del casamento popolare, l’uno dietro l’altro in vertiginosa prospettiva, saloni principeschi. Sui tendaggi, sulle argenterie, sugli arazzi scorgerai incisi dei segni: le sigle del tuo nome oscuro. Ma tu non provi ad aprire, indifferente ci passi davanti, su e giù per le scale mattina e sera, estate ed inverno, quest’anno e l’anno prossimo, trascurando l’occasione.

Tra le mura della tua stessa casa. Ma come escludere che sia ancora più vicino colui che ti vuole bene? Mentre tu leggi queste righe egli forse è di là dalla porta, bada, nella stanza accanto; se ne sta quieto ad aspettarti, non parla, non tossisce, non si muove, non fa nulla per richiamare l’attenzione. A te scoprirlo. Ma tu, uomo, non ti alzi nemmeno, non apri la porta, non accendi la luce, non guardi. Oppure, se vai, non lo vedi. Egli siede in un angolo, tenendo nella destra un piccolo scettro di cristallo, e ti sorride. Però tu non lo vedi. Deluso, spegni, sbatti la porta, torni di là, scuoti il capo infastidito da queste nostre assurde insinuazioni: fra poco avrai dimenticato tutto. E così sprechi la vita.

SCRIVERE

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I llusioni semi-

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E

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E ssenziale

ABBRACCIO

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